• Ven 14 Mar 2025

Carmignano e suoi vini secondo Terre a Mano

Sono un signore e signori si nasce;
e io lo nacqui, modestamente!
Tratto dal film: Signori si nasce diretto da Mario Mattoli

Il 12 luglio 1963, con il DPR 930, il Senato italiano approvò la Legge di Tutela delle Denominazioni d’Origine dei Vini: promotore e primo firmatario fu il senatore Paolo Desana. Un momento storico per il mondo del vino italiano.

Asse fondante della legge fu l’idea di legare, per mezzo di un disciplinare di produzione, i più importanti vini italiani al loro territorio indicandone, oltre alla base ampelografica e alle principali caratteristiche organolettiche e produttive, la precisa zona di produzione delimitata da confini chiari e ben identificabili quali, ad esempio, strade e corsi d’acqua.

Questo approccio, tutt’ora alla base anche delle normative europee riguardanti i prodotti Dop e Igp, non era però certo nuovo né per l’Europa né, tantomeno, per l’Italia.

Non ho certo intenzione, in questa sede, di ripercorrere norme e codicilli che nei secoli precedenti avevano preceduto la legge 930. Il mio racconto dovrà compiere un lungo salto nel tempo – tempo e vino sono un binomio indissolubile – per giungere al 1716 e al Granducato di Toscana sotto il regno di Cosimo III de’ Medici, penultimo Granduca appartenente alla grande famiglia fiorentina.

Cosimo III aveva già in precedenza mostrato di essere ben consapevole del valore economico che il vino rappresentava per le terre da lui amministrate tanto da emanare, il 29 novembre 1704, la “Rinnovazione delle leggi in materia di vino, macello, poste, procacci, vetturini”, un testo di 84 pagine, che raccoglie tutte le leggi sulla circolazione e sulla vendita del vino. Non soddisfatto del risultato ottenuto, l’anno successivo abroga la legge appena promulgata sostituendola, il 25 settembre 1705, con la “Moderazione della nuova legge del vino” per “facilitare maggiormente l’esito del vino”. Nella nuova “Moderazione” è, infatti, previsto quanto segue: “i padroni possono acquistare liberamente il vino dai contadini a compera o a sconto di debito, i contadini possono portare il vino a Firenze e contrattarlo liberamente”.

L’interesse di Cosimo III per la produzione vinicola – nonché la sua assoluta modernità in questo campo – sono ulteriormente dimostrate dall’istituzione, nel luglio del 1716, di una nuova Congregazione sul commercio del vino. Il 24 settembre 1716, i Deputati di questa nuova Congregazione emanano il “Bando sopra la dichiarazione de’ confini delle quattro regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Val d’Arno di Sopra” che, dopo aver descritto i confini delle quattro regioni, sembra stabilire la denominazione d’origine del vino quando dispone che solo i vini prodotti e fatti entro i confini sopra descritti si potranno “contrattare per navigare per vino del Chianti, Pomino, Carmignano, e Val d’Arno di Sopra”. In questo Bando, per quanto riguarda il vino di Carmignano, troviamo indicata, secondo la dizione in uso nei moderni disciplinari dei vini Doc e Docg, la seguente “Zona di produzione delle uve”: “Dal Muro del Barco Reale presso al Fiume Furba, Strada di Ceoli, che da detto Fiume conduce a Bonistallo; Indi alla Villa del Sig. Marchese Bartolommei, fino al Muro del detto Barco Reale al Cancello d’Arzana.” 246 anni, 9 mesi, 2 settimane e 4 giorni prima della legge Desana, erano nate le prime Denominazioni di Origine e i relativi disciplinari.

Carmignano, i suoi vini e Terre a Mano – Fattoria di Bacchereto

Sono tre le Denominazioni che legano indissolubilmente il proprio nome a Carmignano e al suo territorio: il Carmignano Docg, il Barco Reale di Carmignano Doc e il Vin Santo di Carmignano Doc.

Le uve destinate alle prime due Denominazioni devono essere prodotte nei terreni collinari dei comuni di Carmignano e Poggio a Caiano (PO) e devono rispettare la seguente base ampelografica: Sangiovese (minimo 50%), Canaiolo nero (fino al 20%), Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon (da soli o congiuntamente, dal l0 al 20%) nonché Trebbiano toscano, Canaiolo bianco e Malvasia bianca lunga, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 10%. Il Carmignano Docg può essere commercializzato a partire dal giorno l giugno del secondo anno successivo a quello di produzione delle uve; se ammesso alla vendita a partire dal giorno di S. Michele e festa di Carmignano – ovvero dal 29 settembre – del terzo anno successivo a quello di produzione delle uve, potrà portare in etichetta la menzione Riserva.

I periodi di invecchiamento indicati dovranno avvenire in botti di rovere e/o di castagno e avere una durata minima di otto mesi per il Carmignano Docg e di almeno dodici mesi per la tipologia Riserva; per quanto riguarda il Barco Reale di Carmignano, il disciplinare non prevede regole inerenti modalità e durata dell’invecchiamento prima della sua commercializzazione. Il Barco Reale di Carmignano Doc è prodotto anche nella tipologia “rosato”.

È interessante segnalare che la presenza del Cabernet Sauvignon e del C. Franc in questa porzione di Toscana è di antica tradizione ed è dovuta alla consolidata presenza, in queste terre, della nobiltà toscana che intratteneva stretti rapporti – spesso anche di parentela – con l’aristocrazia francese. Al contrario, il Canaiolo nero – da tener ben separato dal Canaiolo bianco del quale non rappresenta una semplice mutazione di colore bensì è da considerarsi una varietà nettamente distinta – è un vitigno tipico toscano, noto almeno dal 1303 essendo stato menzionato, col nome di Canajuola, da Pietro de’ Crescenzi nella sua opera “Opus Commodorum ruralium” e ancora nel 1600 dall’agronomo fiorentino Soderini sotto il nome di Canaiuola.

In considerazione dell’enorme importanza che il Sangiovese riveste nell’enologia toscana e dell’Italia tutta nonché al fine di evitare noiose quanto inutili ripetizioni, per approfondimenti al suo riguardo rimando ad un mio precedente articolo (clicca qui).

Il Vin Santo di Carmignano Doc, la cui area di produzione coincide con quella delle due precedenti Denominazioni, viene prodotto anche nelle tipologia Occhio di Pernice e Riserva. La base ampelografica comprende Trebbiano toscano e Malvasia bianca lunga per una percentuale complessiva minima del 75%; a queste uve possono essere aggiunte, nella percentuale massima del 25%, altre varietà a bacca bianca idonee alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana.

La tipologia Occhio di Pernice deve, invece, essere prodotto a partire da uve Sangiovese per un minimo del 50%; il rimanente 50% può essere costituito da altre varietà a bacca rossa idonee alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana.

Questo Vin Santo viene prodotto da uve appassite in appositi locali che devono essere vinificate non prima del giorno 1 dicembre dell’anno di raccolta e non oltre il 31 marzo dell’anno successivo; l’invecchiamento deve avvenire in caratelli di legno di capacità non superiore ai 3hl; l’immissione al consumo non può avvenire prima del giorno 1 novembre del terzo anno successivo a quello di produzione delle uve; per la tipologia Riserva, tale periodo viene prolungato almeno fino al giorno 1 novembre del quarto anno successivo a quello di produzione delle uve.

Per ulteriori dettagli sui disciplinari di produzione è possibile consultare il sito del Mipaaf.

Avendo in un recente passato recensito il Sassocarlo di Terre a Mano – Fattoria di Bacchereto, per la descrizione dell’Azienda, del suo territorio e della sua filosofia produttiva, integralmente legata all’artigianalità e a una viticoltura naturale profondamente rispettosa dell’ambiente, rimando a quando scritto in quell’occasione (clicca qui).

Le degustazioni

Terre a Mano – Carmignano Docg – 2011 – L. 01/14

La sapiente fusione di Sangiovese (75%), Cabernet sauvignon e C. franc (20%) e Canaiolo nero (5%) dà vita, dopo un periodo di invecchiamento in tonneaux di rovere d’Allier da 350l della durata di 12-18 mesi, ad un vino capace di presentarsi, fin da un primo sguardo, come dotato di carattere e struttura. I quasi quattro anni trascorsi dalla sua nascita, infatti, non traspaiono minimamente dal suo aspetto dato che questo Carmignano Docg è capace di colmare il bicchiere di una luminosa e intensa tonalità rubino che suggerirebbe una ben più giovane età. Il naso si presenta come un tripudio di frutta, un viaggio olfattivo che si snoda fra sentori di ciliegia matura, mora, mirtillo nero e cassis.

Una lieve rotazione ed ecco emergere altri profumi che ci conducono alle spezie dolci, alla liquirizia e a soffuse, ma ben percepibili, note di fiori rossi appassiti. Il legno mostra la sua presenza non solo tramite le evidenti note di vaniglia ma anche arricchendo l’insieme di gradevoli note tostate capaci di riportare i nostri sensi alla carruba e alla polvere di caffè.

In bocca questo vino si presenta ampio e succoso, di ottimo corpo e decisamente caldo; la sua armonia è, però, sostenuta dall’ancora presente freschezza che, unitamente alla trama tannica nervosa ma fine e avvolgente, ne rende gradevole la beva. Una più che buona persistenza e un fin di bocca piacevole concludono con soddisfazione questo assaggio.

Degustazione del 14 giugno 2015

Fattoria di Bacchereto – Vin Santo di Carmignano Doc – 2003 – L.01/11

Le uve di Trebbiano toscano unitamente a una parte di Malvasia bianca lunga sono lasciate appassire per 3 – 4 mesi su stuoie di canne in un ambiente arieggiato; dopo la pigiatura, il mosto fermenta lentamente – e a più riprese – in piccoli caratelli di castagno da 70l esclusivamente in virtù dei lieviti autoctoni. L’affinamento si protrae, negli stessi caratelli, per molti anni sempre sulle fecce fini. Il Vin Santo di Carmignano Doc così ottenuto si presenta di un affascinante e lucente color ambra di perfetta limpidezza arricchito da lievi riflessi ramati.

È adesso che il mio lavoro diventa realmente difficile, perché è difficile descrivere un’emozione ed è ancora più arduo raccontare le mutevoli sensazioni che il bouquet di questo vino è in grado di offrirci. È come descrivere una fiamma: uguale a tutte le fiamme ma diversa da tutte le fiamme. Il naso di questo vino è così: mutevole, estroverso ma, nel contempo, dotato di una sua propria riservatezza. Un carattere, però, emerge fin dalla prima olfazione: la finezza.

Le note di ossidazione e quelle eteree svolgono l’indispensabile ruolo di comprimarie, senza mai eccedere né soccombere. Sono capaci di sorreggere ed esaltare i tipici, e gradevoli, sentori di uvetta appassita oltre alle note di cedro candito e a una piacevole mineralità che riporta alla grafite. Le note “dolci” giocano con quelle più “amare”: ecco allora comparire i datteri al forno, il miele di castagno e il tamarindo in un continuo girotondo di sensazioni.

All’assaggio certo non delude: la grande finezza trova degno supporto in un’altrettanto magnifica armonia nel quale la grande dolcezza e la pienezza del corpo sono perfettamente equilibrate da una vibrante acidità. Una lunghezza pressoché infinita – scusatemi l’iperbole – chiude una degustazione che non sarà possibile dimenticare.

Degustazione del 3 maggio 2015
Terre a Mano – Fattoria di Bacchereto
59015 Bacchereto (Prato)
terreamano@gmail.com

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