Cronache di giovani aspettative
Ricordo quel giorno come se fosse ieri. Il naso all’insù a guardare l’imponente facciata, la suggestione di fronte ad un’istituzione così prestigiosa, l’emozione che stringe lo stomaco, la tensione di fronte al nuovo e all’inaspettato…e la mente che riflette continuamente desideri, sogni, aspettative.
Incrocio gli sguardi di decine di giovani in giacca bianca e leggo lo stesso tumulto che muove il corpo ogni giorno a sostenere estenuanti prove e ore di studio; tutto per un sogno. Poi ci siamo noi nelle nostre formali divise blu, i privilegiati, i fortunati che accedono al Master di Sommellierie ogni anno in numero limitato. Per la bellezza di nove mesi la vita cambia, in alcuni casi si ferma, tempo ed attenzione ruotano attorno ad un’unica passione : l’odiato e amato vino e il suo mondo.
Conoscenza e comunicazione diventano le parole che si pronunciano come un mantra, una suggestiva cantilena che ti entra nel cervello, ti suggestiona e apre la mente a scenari purtroppo solo immaginari. Alimentano speranze ed aspettative, costruiscono castelli che presto affronteranno lo scontro con la dura realtà aziendale. Per mesi ingoi nozioni su nozioni, lo studio del terroir — leva promozionale preferita dalle aziende ma di significato nebuloso ancora..–, le caratteristiche di quel vino, di quel produttore, con quello stile, quella filosofia; vieni addestrato ad avere una visione aperta su questo mondo, a non fermarti solo alla poesia, a guardare l’aspetto pratico e a quello economico, a pensare a forme comunicative diverse e che forme di collaborazione sono possibili, che personalità ed originalità possono in qualche modo dare un contributo.
Ma il muro della realtà da superare è veramente alto, e chi ci riesce è colui che ha grande visibilità e viene usato come mezzo promozionale. Le aziende investono più del 10% del fatturato in quella voce che nel bilancio compare come “comunicazione” ma che in realtà è un sofisticato piano di marketing per cercare posizionamento e vantaggio competitivo. Ed oggi guardo immagini che da un rivista emanano messaggi accattivanti, intriganti, di grande appeal…e mi chiedo: quanto di questo è solo promozione? Visito aziende ed incontro produttori che raccontano la loro storia, propongono i loro vini limitandosi a qualche notizia sulle caratteristiche organolettiche, sul metodo di produzione, ma quanto di questo è solo informazione? Dov’è finita la comunicazione, quella che per mesi ho immaginato, studiato e sperimentato?
Il problema allora, penso, arriva proprio dal contesto, da questo ambiente così globalizzato in cui l’antico “mito” del vino è divenuto merce fruttuosa di scambio in un luogo, il mercato, che sta diventando sempre più parte integrante del sistema/impresa tanto da esserne la variabile più importante, il protagonista. Le relazioni assumono carattere solo commerciale, la comunicazione, in barba a tutti i suoi assiomi, è incompleta e diventata sinonimo di promozione ed informazione appunto.
Gli sforzi sempre più concentrati sulla costruzione di una immagine psichedelica che faccia presa sull’immaginario proiettandosi, però, più verso il futuro che restando ancorata al momento presente: è quello che si vorrebbe essere e non ciò che si è. Ma ricordiamoci che il consumatore muove le proprie scelte quando ha riscontro nella realtà di ciò che gli viene propinato.
L’ago della bilancia è tornato ad una visione tattica finalizzata alla massimizzazione dei guadagni impoverendo il vino del suo significato più profondo di convivium che unisce le persone come esseri umani prima di tutto, e privando il consumatore del piacere principale che è quello di soddisfare ancor prima la sua sfera “emozionale” che non quella “razionale”. Grande attenzione muove il management nello scegliere gli strumenti di marketing più funzionali all'”idea del prodotto vino” non ultimo il contatto diretto con i consumatori in azienda, ed è qui che la comunicazione dovrebbe essere protagonista ma manca di significato, non esiste o è affidata a poca competenza.
Non è la storia della famiglia, o il racconto del metodo o del territorio – a volte sconosciuto – ciò che colpisce l’immaginario del visitatore o almeno non è solo questo. E’ il modo in cui si trasmette un messaggio, l’immagine, la mission ; non solo attraverso il linguaggio, la bella forma ma soprattutto attraverso l’uso e lo sviluppo degli addetti della intelligenza emotiva. Bisogna allargare la percezione che le aziende hanno di loro stesse: non più semplici realtà produttive ma vere e proprie attività di servizio. Non producono o vendono solo vino perché il vino non è mai stato solo un prodotto della terra; è venuto a noi dalla notte dei tempi ad alleviare anime afflitte, a guarire ferite, ad allietare come cornice ideale e gradita i momenti belli.
E’ connaturato all’uomo e alla soddisfazione del suo piacere. In una visione sistemica in cui l’obiettivo è la differenziazione e il vantaggio competitivo la base da cui partire non può che essere la costruzione di una relazione e lo sviluppo di interazioni e questo passa attraverso la comunicazione da intendere come momento circolare, come predisposizione della mente e dell’animo ad uno scambio…prima di tutto tra esseri umani e poi tra soggetti commerciali.