Dall’Oglio il vino: il 1703mt di Togni Rebaioli
“… che i vini sono di minor quantità,
ma quanto alla bontà sono migliori…”
Le dieci giornate della vera agricoltura, e piaceri della villa
Agostino Gallo, 1618
“Nel primo spartito dal lago a Cividate (omissis) dove la pianura è larga circa due miglia, il clima è dolce, e vi allignano viti, gelsi e piante fruttifere, vi si raccoglie dell’ottimo frumento, e vi matura anche il grano turco a perfezione. Alla destra del fiume (Oglio, NdA) e nelle costiere sovrapposte, ben esposte al sole, sin ad una data altezza il vino riesce squisito e molto ricercato”
Ecco come, nel 1870, è descritta l’agricoltura in generale – e la vitivinicoltura in particolare – nel tratto subito a monte del Lago d’Iseo nell’opera “Illustrazione della Valle Camonica compilata dal sacerdote Bortolo Rizzi” (Pietro Ghitti Librajo). D’altro canto, la storia della vite e del vino in Valcamonica – una delle grandi valli alpine della provincia di Brescia – affonda le proprie radici in un passato ben più remoto. Pur già consolidata in epoca romana, la vite in Valle è soggetta a una grande diffusione nel basso Medioevo; numerosi documenti, spesso riferibili alla Mensa Vescovile di Brescia, attestano, infatti, la sua ampia diffusione nell’XI secolo; pur se soggetta ad alterne vicende, nel Rinascimento, sotto il dominio veneziano, la coltivazione della vite in Valcamonica appare essere ancora particolarmente fiorente e remunerativa nonostante una misteriosa epidemia che ne colpì i vigneti nel 1567.
La viticoltura camuna, comunque, si riprese e si mantenne florida – pur se sempre tra alterne fortune – fino alla seconda metà del 1800 con l’arrivo di oidio, peronospora e fillossera. Con gli anni, però, anche questa crisi venne superata e negli anni ’60 dello scorso secolo questa valle vantava ancora circa 2500ha di vigneti. Il colpo fatale alla vitivinicoltura camuna venne proprio dall’abbandono della terra seguito al boom economico di quegli anni che spinse a rinunciare all’agricoltura di montagna, considerata troppo faticosa e resa poco remunerativa da errate politiche economiche. Attualmente, pur se si sta assistendo a una lieve inversione di tendenza, i vigneti della Valle si estendono solo su poco più di 200ha.
Enrico Togni e l’Azienda Togni Rebaioli: le vigne di famiglia nel terzo millennio
37 anni appena compiuti, Enrico Togni rappresenta in modo esemplare quella nuova generazione di viticoltori – imprenditori – comunicatori che stanno portando nuova linfa a numerosissime Aziende vitivinicole italiane, soprattutto in quelle zone dove – per vari motivi quasi sempre riconducibili alle difficili condizioni di lavoro, alle scarse rese e una tradizione produttiva non più al passo coi tempi – la produzione di uve e di vini di qualità sembrava avere imboccato la strada di un declino senza ritorno. A parte l’accento marcatamente bresciano, Enrico incarna dunque in sé il vignaiolo saluzzese come quello pinerolese, quello ossolano come quello bellunese.
Le sue parole e le sue azioni trasmettono una passione sincera per il proprio territorio, una consapevolezza profonda delle potenzialità delle proprie vigne e un’altrettanto concreta comprensione che il mondo è cambiato e che anche le piccole Denominazioni e le piccole aziende devono pensare in modo più ampio traendo dalla globalizzazione gli aspetti positivi – ad esempio l’accesso a nuove idee e a nuovi mercati – e rifiutandone, nel contempo, gli aspetti più deleteri di omologazione e di cieco asservimento al mercato e ai suoi supposti inderogabili dogmi.
Nel 2003, a soli 25 anni, Enrico abbandona gli studi di giurisprudenza per dedicarsi, con l’aiuto della mamma, ai vigneti di famiglia messi a dimora negli anni ‘60 e ‘70 da suo nonno sui versanti in sponda destra della Valle. Vigneti vecchi, dunque e, come da tradizione, polivarietali. Ecco la prima grande intuizione di questo giovane viticoltore: non espianta queste vigne bensì le recupera e le riporta alla piena produzione limitandosi a ripristinare i muretti a secco di sostegno e a colmare le fallanze.
Sono tre ettari di vigne in forte pendenza (dal 30 al 70% a quote comprese fra 250 e i 400m s.l.m.), difficili da lavorare ma che godono di una magnifica esposizione a sud est e di suoli profondi, franchi, costituiti in gran parte da sabbia e limo con piccole percentuali di argilla e una forte presenza di scheletro grossolano calcareo dolomitico; grazie alla loro età, queste viti producono poco, circa 50q/ha, ma le radici profonde nutrono splendidamente i grappoli fornendo uve di alta qualità. Seconda grande intuizione: i vigneti sono vecchi e nel loro interno ci sono varietà e cloni locali in via di scomparsa e, pertanto, affidandosi a vivaisti locali decide di produrre le proprie barbatelle a partire da piante madri scelte nelle sue vigne salvando in tal modo un fondamentale patrimonio di biodiversità agricola.
Terza grande intuizione: oltre a viti di Barbera e di Merlot, nei filari sono presenti anche un antico vitigno autoctono – l’Erbanno – e un’altra varietà a bacca rossa, chiamata da alcuni vecchi contadini Barzemì, la cui reale identità è oscura. Con caparbietà Enrico riesce a continuare le ricerche su questo vitigno e, con l’ausilio delle moderne tecniche biomolecolari, stabilisce che si tratta di Nebbiolo, tradizionalmente coltivato in questa porzione di Valcamonica.
Ecco allora che decide di puntare fortemente su queste due varietà per garantire alla propria Azienda una forte impronta territoriale e la capacità di produrre due vini unici, il San Valentino, da uve Erbanno, e il 1703mt, da uve nebbiolo. L’amore per il proprio territorio, inoltre, lo spinge a completare un percorso legato a una viticoltura sempre più rispettosa dell’ambiente portandolo ad intraprendere l’attuale percorso di conversione alla vitivinicoltura biologica.
Az. Agr. Togni Rebaioli – 1703mt – Vino rosso – L. 3102013
Prodotto con uve Nebbiolo della vendemmia 2011, questo vino, dal luminoso color rubino reso più caldo dalle prime sfumature granato, svela fin dal primo sguardo la nobiltà dell’uva che gli ha dato la vita mostrandone l’intensità cromatica contenuta, ma elegante, che aggiunge – se ancora ve ne fosse bisogno – ulteriore fascino ai vini ottenuti da uve Nebbiolo.
Questo vitigno, ormai si sa, è figlio delle Alpi e anche il naso del 1703mt tradisce immediatamente la sua nascita fra questi monti. Un bouquet fine che all’intensità contrappone l’eleganza, un insieme di profumi che vanno cercati, in un gioco di seduzione tra il vino e il degustatore. L’apertura propone i piccoli frutti, quali ribes rosso, cassis e mora, seguiti da lievi note di potpourri di fiori rossi e dai sentori della polvere di caffè a ricordarci i 18 mesi trascorsi in tonneau e fornendoci, nel contempo, un esempio di stile nell’utilizzo del legno; i quattro anni trascorsi dalla vendemmia e i due trascorsi dall’imbottigliamento reclamano il giusto tempo prima che dal bicchiere emergano gradevoli sensazioni agrumate che ci conducono al chinotto.
In bocca il corpo, non esplosivo, è sostenuto da una gradevole freschezza ancora adolescenziale e da tannini di ottima fattura, avvolgenti e setosi; la persistenza, pur se non lunghissima, è sicuramente soddisfacente. Un vino dall’ottimo equilibrio, compatto e armonico, che coniuga la piacevolezza della beva con un’interessante complessità; un plauso particolare va all’eccellente integrazione dell’alcol (14,5% vol.) nella struttura del vino che si rivela in grado di sostenerlo alla perfezione evitando in tal modo qualsiasi pungenza al naso o in bocca.
Degustazione del 4 agosto 2015
Enrico Togni Rebaioli
Via Rossini, 19
25047 Erbanno
Darfo Boario Terme (BS)
E-mail:info@tognirebaioli.it