Donatella Cinelli Colombini racconta la sua Toscana dei vini bianchi
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Augusto Gentilli
- Gio 09 Gen 2025
- 8 minute read
Presente e futuro dei vini bianchi toscani in un’intervista a Donatella Cinelli Colombini
Questa intervista a Donatella Cinelli Colombini nasce a seguito di un pranzo in sua compagnia durante il quale – tra le altre cose – si è ragionato sul futuro dei vini bianchi toscani nel quale Donatella ripone una grande fiducia essendo ben conscia – in virtù della sua indiscutibile esperienza di produttrice ed esperta di marketing e di turismo del vino – delle finora inespresse potenzialità della Toscana in questo settore dell’Italia enoica.
I vini bianchi in Italia
I consumatori italiani – da sempre – mostrano un ambivalente rapporto con i vini bianchi. Infatti, se da un lato – a partire dal 2015 – la produzione di bianchi in Italia ha superato quella di vini rossi, arrivando nel 2023 a valere il 62,3% della produzione totale di vino nel nostro Paese (dati ISMEA, 2024), dall’altro il consumatore medio continua a ritenere i vini bianchi i fratelli minori dei rossi e a pensare ad essi solo come prodotti di pronto consumo. È evidente che questa visione, oltre ad essere errata, limita fortemente non solo il mercato di questi vini ma anche la loro crescita qualitativa dato che spinge molti produttori ad “accontentare il mercato”, producendo bianchi più facili e meno importanti e, di conseguenza, effettivamente di limitata longevità. Bisogna, per completezza, ricordare che, negli ultimi anni, alcuni segnali positivi in tal senso si stanno iniziando a scorgere, come testimoniato dal successo del Colli Tortonesi DOC Timorasso o di alcuni grandi bianchi altoatesini, veneti e friulani.

I vini bianchi in Toscana
La Toscana deve, senza alcun dubbio, gran parte della propria notorietà ai grandi vini rossi che nascono all’interno dei propri confini. Questo fatto, però, non deve indurre all’errore di ritenere che in questa Regione non si possano produrre – e che già non si producano – grandi vini bianchi, come testimoniato, a puro titolo di esempio, dalla lunga e nobile storia della Vernaccia di San Gimignano DOCG.
Attualmente, purtroppo, i numeri non raccontano un buon stato di salute dei bianchi in questa Regione; è da notare, ad esempio, la riduzione della superficie vitata con trebbiano toscano, passata dai 43004ha del 2005 ai 27090ha del 2022 (Dati ISMEA, 2024) oppure la contrazione delle produzione di Vernaccia di San Gimignano scesa 4.628.281 bottiglie nel 2022 contro le 5.157.174 bottiglie del 2013 È anche da notare che del 48% di Vernaccia di San Gimignano DOCG destinata al mercato italiano, circa la metà viene venduta direttamente nelle aziende e nei locali del territorio. indicando una certa difficoltà di penetrazione di questo vino anche nel mercato nazionale (dati Consorzio del Vino Vernaccia di San Gimignano).
Le precedenti considerazioni trovano un’ulteriore conferma nel dato riassuntivo che vede la produzione di vini bianchi in Toscana scesa dai 549.000hl del 2005 ai 222.000hl del 2023 (fonte inumeridelvino.it su dati ISTAT).
Per completezza – e per aggiungere una nota di dovuto ottimismo – è necessario sottolineare che, in controtendenza con quanto scritto finora, il vermentino sta vivendo, anche in Toscana, un ottimo momento che, con i suoi 1857ha nel 2021, lo porta ad essere il quinto vitigno più coltivato nella Regione e il secondo se si considerano solo le varietà a bacca bianca (dati ISMEA e Regione Toscana).

I vini bianchi e la Toscana nelle parole di Donatella Cinelli Colombini
World Wine Passion ha già avuto il piacere di intervistare Donatella, ad esempio sul mondo del vino e sulla sua storia professionale (clicca qui) oppure sul ruolo dei lieviti indigeni nella vinificazione e nell’espressione del territorio (clicca qui). A tali interviste, pertanto, rimando chi volesse conoscere meglio la figura e il percorso di Donatella Cinelli Colombini.
Ciao Donatella, per iniziare questa intervista potresti, per cortesia, farci un quadro – sulla base della tua esperienza – della situazione dei vini bianchi in Toscana?
Il vitigno bianco più diffuso è il trebbiano toscano che copre il 5% della superficie vitata regionale. Si tratta del quinto vitigno bianco più coltivato in Italia ma l’unico che sta perdendo vigneto. Infatti, nel periodo fra il 2005 e il 2021 la glera ha segnato un incremento del 223%, il pinot grigio del 118% e lo chardonnay del 23% mentre il trebbiano toscano perdeva il 30% della sua superficie coltivata.
Questo perché il trebbiano appartiene a una “famiglia” di cloni diversi di cui i più diffusi danno vini di modesta qualità mentre mancano studi e sperimentazioni per l’individuazione delle tipologie migliori e dei territori adatti per coltivarli.
Per questo l’incremento produttivo del vigneto bianco toscano è avvenuto grazie al vermentino che, nella DOC Maremma, ha fatto importanti performance quantitative e, spesso, qualitative.
Quale credi possa essere il futuro per questi vini toscani in Italia e nei mercati esteri e quali possano essere i vitigni più promettenti?
A livello internazionale è evidente uno spostamento sui vini bianchi: nel periodo 2014-2017 i bianchi costituivano il 47% della produzione mondiale, mentre negli ultimi 4 anni sono saliti al 49,5%. Anche i consumi in Italia confermano il cambiamento dei gusti: dieci anni fa i bianchi riguardavano il 47% dei consumi ed ora sono il 59%. Parlando dei vini bianchi toscani vedo, con molta tristezza, la crisi della Vernaccia di San Gimignano DOCG, grande vitigno e grande vino che non riesce a spiccare il volo nonostante punte di eccellenza e una qualità media ottima. Va bene il vermentino anche se il prezzo è, salvo poche eccezioni, piuttosto basso.
Ora bisogna scegliere e valorizzare un vitigno bianco nella Toscana interna puntando all’eccellenza fino dall’inizio. Penso a un vitigno autoctono, tardivo, di buona acidità, con caratteri distintivi. Potrebbe essere una tipologia di procanico, un biotipo di trebbiano toscano.

Gli italiani, in genere, faticano a cogliere la longevità che caratterizza non pochi vini bianchi: quali pensi possano essere le vie per risolvere tale situazione che pesa, a mio avviso, pesantemente anche sugli aspetti di mercato di tali vini?
È un vero peccato perché la longevità dei vini bianchi è propria di tutte le tipologie migliori a livello mondiale ed è molto apprezzata dalla clientela più esigente.
Quanto può aiutare, a tuo avviso, la ricerca scientifica nell’indirizzare il rilancio dei vitigni a bacca bianca in Toscana?
l lavoro delle Università sarebbe indispensabile per accorciare i tempi e individuare la strada da seguire nella Toscana interna. Senza ricerca e senza mettere in rete tutte le sperimentazioni in atto nelle aziende scopriremo il vitigno migliore, i terroir più vocati e il processo produttivo più performante fra vent’anni.

Potresti raccontarci come ti stai muovendo in tal senso con Fattoria del Colle?
Noi, come tutti, andiamo avanti sperimentando, come nel Settecento. Sappiamo che i terreni della Fattoria del Colle di Trequanda (a Sud del Chianti e nella DOC Orcia) hanno un ottimo potenziale per i vitigni bianchi grazie all’altitudine di 400 metri sul mare e al terreno con prevalenza di sabbie marine. Lo scorso novembre abbiamo organizzato una degustazione di 16 bianchi toscani ottenuti da vitigni autoctoni scegliendo le bottiglie più performanti da un punto di vista qualitativo e commerciale. Due ansonica, tre vermentino, tre vernaccia di cui un blend, due trebbiano toscano e un trebbiano spoletino, tre grechetto comprensivi di uno di Todi e un macerato, un blend di trebbiano, malvasia bianca lunga e pulcinculo (un biotipo di grechetto tipico della zona di Montepulciano), un vino segreto scelto dall’enologa senior Barbara Magnani e, ovviamente, il nostro Sanchimento IGT Toscana bianco, unica eccezione alla scelta delle varietà autoctone.
La degustazione, rigorosamente bendata, ha visto coinvolto tutto il mio staff che lavora sul vino ad esclusione del ristorante impegnato a ritirare un premio assegnato alla nostra chef Doriana Marchi. Erano presenti l’agronomo Gabriele Gadenz e i due capo vignaioli, quattro enologhe compresa la consulente Valerie Lavigne, le due addette all’accoglienza turistica, le tre del commerciale e la nostra addetta stampa Marzia Morganti. A rinforzare questo gruppo c’era Roberto Bellini Sommelier AIS responsabile della guida VITAE e, quindi, reduce dall’assaggio dell’intera produzione enologica toscana.
Abbiamo fatto un laboratorio di idee più che una vera degustazione ma alla fine la decisione è stata di andare avanti cercando fra le varie tipologie di trebbiano toscano e, prossimamente, ci confronteremo con i vivaisti per individuare i vigneti e i vini più interessanti da vedere e assaggiare.
Il nostro è un lavoro lungo ma crediamo sia quello giusto per coinvolgere l’intera squadra aziendale e scegliere il vitigno giusto.
Ringraziamenti
Voglio, e non poteva essere altrimenti, concludere queste pagine con il mio più sentito ringraziamento a Donatella Cinelli Colombini per avere regalato a tutti noi parte del suo tempo e della sua competenza.