I profumi della storia: i vitigni reliquia del Piemonte
Non sempre ciò che viene dopo è progresso
Alessandro Manzoni
“La biodiversità è la variabilità fra tutti gli organismi viventi…” inizia così la definizione di biodiversità adottata nel vertice di Rio de Janeiro del 1992. L’importanza di tale aspetto, anche in ambito viticolo, è testimoniata dalla tutela accordata in Italia ai vigneti storici ed eroici dal comma 1 dell’articolo 7 del Testo Unico del Vino (Legge 238 del 12 dicembre 2016): “Lo Stato promuove interventi di ripristino, recupero, manutenzione e salvaguardia dei vigneti delle aree soggette a rischio di dissesto idrogeologico o aventi particolare pregio paesaggistico, storico e ambientale, di seguito denominati «vigneti eroici o storici»”.

Basterebbero questi aspetti, ovvero la tutela della biodiversità agricola e dei vigneti storici, per comprendere la fondamentale importanza del recupero di antichi vitigni nell’ambito di un paese – l’Italia – che vanta uno dei maggiori patrimoni ampelografici al mondo con una ricchezza stimata di ben oltre 1.000 varietà di vite. È, inoltre, fondamentale, ricordare che – in un’epoca segnata da forti cambiamenti climatici e dalla comparsa, in Europa, di nuovi parassiti o agenti patogeni – è proprio nella diversità genetica che potrebbero nascondersi alcuni dei segreti capaci di garantire il futuro di una viticoltura sempre più soggetta a profondi mutamenti.
Quanto scritto finora non è, però, in grado di raccontare l’emozione della scoperta, il profondo piacere dell’assaggio di un vino ottenuto da uno di questi vitigni, la sensazione di bere la storia percependone i segreti in forma di profumi e sensazioni. Sicuramente non tutti gli antichi vitigni regalano dei grandi vini e altrettanto sicuramente non tutti sono economicamente sostenibili perché troppo soggetti alle malattie e troppo poco produttivi ma tutti – invariabilmente – sono capaci di emozionarmi al pensiero delle innumerevoli mani che li hanno condotti fino a noi.

Uvantica e gli antichi vitigni del Piemonte
Non è da molto tempo che conosco il sommelier e ristoratore Gianfranco “Frank” Falbo ma – fin dalla prima volta che mi parlò di Uvantica, la manifestazione che stava organizzando per lo scorso 8 aprile presso il suo ristorante “Locanda del Monacone” a Viarigi (AT) – capii che condividevamo la stessa profonda passione per gli antichi vitigni, miracolosamente sopravvissuti ai secoli nella zone meno coinvolte dall’avvento dei vitigni internazionali e dalla banalizzazione genetica dei vigneti. Dato che non sarei potuto essere, mio malgrado, presente all’evento, gli proposi di trovarci a degustare con calma le stesse bottiglie per cercare, insieme, di capire meglio queste rare varietà e i vini da esse ottenuti. Le righe che seguiranno sono il racconto di quella degustazione, svolta da Frank e da me il giorno 11 aprile 2018 presso il suo ristorante.
Cascina Melognis – Comitis – Vino Bianco
Cascina Melognis è un Azienda di Revello (CN) attiva all’interno della Denominazione Colline Saluzzesi. Il Comitis è ottenuto da uve Chasselas (60%), localmente detto Aisone, e Gouais blanc che tra queste colline è conosciuto col nome di Charjou (40%). Quest’ultimo vitigno rappresenta letteralmente un pezzo di storia dell’ampelografia europea e mondiale essendo una delle varietà più antiche e prolifiche del Vecchio Continente. Varietà molto diffusa nel Medioevo è nota con certezza a partire dal 1540 per l’Alto Vallese. Si ritiene abbia dato origine ad almeno 81 varietà attualmente note tra le quali mi piace ricordare lo Chardonnay, il Gamay noir, il Furmint e il Riesling.
Il Comitis si offre alla vista di un chiaro e limpido color paglierino, prologo a un naso decisamente più fine che intenso nel quale una nitida sensazione di mandorla tostata sembra rincorrere le piacevoli note di frutta croccante – mela Golden e pesca bianca – nonché i delicati sentori floreali del biancospino; soffuse sensazioni di miele millefiori ed erbe officinali ne completano il bouquet.
All’assaggio, si offre di ottima beva, piuttosto leggero di corpo e sorretto da una lineare freschezza che gli offre sostegno e personalità; un vino che fa della gradevolezza e della bevibilità la propria cifra distintiva.
Bottiglia appartenente al lotto L.1/2017
L’Autin – Verbian – Vino Bianco
Quest’Azienda si divide fra Barge (CN), ove ha sede la cantina, e Campiglionefenile (TO), dove si trovano le vigne. L’uva utilizzata per il Verbian è il Bian Ver, ovvero il Verdesse, un tipico vitigno alpino a bacca bianca, ormai presente alquanto sporadicamente in Valsusa, nella Val Chisone (Pomaretto e Perosa Argentina) e nel Pinerolese. In Savoia, sua terra d’origine, dopo un lungo declino iniziato nelle prime decadi del XX secolo, è attualmente in fase di recupero così come nel Vallese in Svizzera.
Vinificato interamente in acciaio, il Verbian sfoggia, alla vista, un bel color paglierino cristallino e si offre all’olfatto per mezzo di sensazioni di frutta bianca – mela verde e pesca – oltre che con evidenti note di gelsomino; una marcata mineralità “rocciosa” ne completa il panorama olfattivo.
In bocca, si presenta ampio, fresco e sapido; l’equilibrio dell’insieme è garantito dalla pienezza del corpo, da una evidente morbidezza oltre che da una piacevole sensazione di calore; soddisfacente la persistenza.
Bottiglia appartenente al lotto L.VB15
Enrico Druetto – Preja – Vino Bianco – 2016
Le uve bianche Baratuciat, con le quali è prodotto questo vino affinato in barrique, sono originarie in modo esclusivo della Val di Susa e solo recentemente sono state riscoperte. Enrico Druetto le ha “importate” ad Alfiano Natta (AL), nel Monferrato alessandrino, per valorizzarne le loro ottime caratteristiche per la vinificazione oltre che la loro resistenza alla siccità e alle malattie fungine; inoltre, si tratta di una varietà capace di garantire un’ottima costanza qualitativa anche in annate “difficili”.
Dal calice, nel quale il Preja 2016 si presenta di un intrigante color paglierino arricchito da leggere screziature ramate, emergono eleganti note ossidative che riportano alla mente alcuni vini prodotti con la flor che, ben lungi dal monopolizzarne il bouquet, ne esaltano le sensazioni di frutta bianca croccante e i sentori di bergamotto e di erbe provenzali. Nel complesso, uno spettro olfattivo molto particolare ma, nel contempo, fine e di più che buona complessità. L’attacco al palato è ampio e pieno grazie all’ottimo corpo e all’evidente morbidezza. La bevibilità e l’equilibrio sono garantite dalla buona sapidità e della nitida freschezza. La lunga persistenza e il più che piacevole fin di bocca ammandorlato concludono un assaggio davvero capace di stupire.
Isiya – La Cota – Valsusa Doc – 2016
L’Azienda Isiya, attiva a Exilles in Val di Susa, produce La Cota a partire da uve Avanà in purezza.
Questo vitigno a bacca nera è quasi certamente noto in Valle fin dal 1606, con il nome di Avanato, grazie all’opera dell’agronomo Croce. Questa varietà è risultata geneticamente identica all’Hibou Noir della Savoia e ha mostrato stretti legami di parentela con il Cacaboué, sempre della Savoia, e con l’Amigne del Vallese; non sono ancora stati invece chiariti i supposti rapporti di parentela con il Gamay Noir e non è chiaro se l’Avanà si sia originato in Valsusa o in Savoia.
Il suo colore rubino chiaro, nel quale sono ancora ben presenti gli ultimi riflessi porpora, introduce a un bouquet fine e gradevole dal quale emergono inizialmente succose note fruttate di marasca, ribes rosso e fragola alle quali si affiancano note floreali di glicine e violetta nonché sentori minerali, leggermente terrosi, che riportano i nostri sensi alla grafite; il bouquet trova, dopo un breve periodo di attesa, pieno compimento grazie ai profumi dolci della cipria e del confetto.
In bocca, sfoggia corpo e morbidezza nonché un ottimo equilibrio grazie alla ben presente freschezza e a una gradevole tannicità; soddisfacente la persistenza e molto piacevole – ma certo non banale – la beva.
Bottiglia appartenente al lotto L.1/17
Tenuta dei Fiori – GambadiPernice – Calosso Doc – 2011
Tenuta dei Fiori coltiva e vinifica questo antico vitigno piemontese – il Gamba di Pernice – a Calosso (AT). Il Gamba di Pernice, presente nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite sotto il nome di Gamba Rossa, è coltivato – oltre che in questo piccolo lembo di Monferrato – anche nel Saluzzese ove è noto col nome di Neretto degli Alteni; tale vitigno è stato menzionato in forma scritta per la prima volta dal noto ampelografo ottocentesco Nuvolone Pergamo.
Questo Calosso Doc, affinato in acciaio per due anni e in seguito in bottiglia per almeno altri due anni, offre dal calice, nel quale si presenta alla vista di un vellutato colore granato chiaro, un bouquet fine, scuro e complesso nel quale sono evidenti le note di cassis, confettura di ciliegia e prugna disidratata alle quali, col tempo, si aggiungono una nitida sensazione ematica e sentori di cuoio e pepe verde, questi ultimi principalmente per retrolfazione. All’assaggio, si offre morbido e di corpo nonché piacevolmente equilibrato grazie a una corretta tannicità e a una ben presente freschezza; assai più che soddisfacente la persistenza.
Bottiglia appartenente al lotto L. 632011
La Colombera – Le 7 Meraviglie – Vino Rosso
La Colombera, nota Azienda in frazione Vho di Tortona (AL) nella porzione settentrionale dei colli tortonesi, realizza questo vino rosso a partire da sette vitigni reliquia allevati in una locale collezione ampelografica. Il vino nasce, pertanto, da Cellerina (60%) – detta anche Slarina, Moccagatta o Balsamina – oltre che da Bonarda di Fabbrica Curone, Moradella, Ammaccaferro, Millegusti, Freisone e Crovaro.
Cellerina – vitigno a bacca nera del Piemonte meridionale citata per la prima volta da Nuvolone Pergamo (1798) e, in seguito, da Acerbi e da De Maria e Leardi
Bonarda di Fabbrica Curone – Vitigno distinto da tutte le altre “Bonarda” note, è diffusa nell’omonimo comune alessandrino e non è conosciuta in bibliografia. È risultata essere identica alla Durasa, presente nei pressi di Ghemme, nonché all’Erbaluce nero di Bollengo (TO) e alla Nera Lunga di Cabella Ligure (AL).
Moradella – Questa Moradella, vitigno diverso rispetto all’omonima varietà diffusa in Oltrepò Pavese e rinvenuto in una frazione di Avolasca in Val Grue (AL), è risultato recentemente coincidere con l’Ammaccaferro; è, inoltre, risultato essere identico alla Duragusa conservata presso la vigna sperimentale di Riccagioia (PV).
Ammaccaferro – Presente in diverse località del tortonese, è un vitigno a bacca nera citato in un bollettino ampelografico del 1884 e che si ritiene essere stato, un tempo, piuttosto diffuso in questo territorio dati i suoi ritrovamenti in differenti località.
Millegusti – Inizialmente salvato a partire da un singolo ceppo in comune di Villaromagnano nei Colli Tortonesi (AL), si ritiene essere stato un tempo ben presente in tale comune e in quelli limitrofi. È un vitigno a bacca nera leggermente aromatico ma, nonostante ciò, tradizionalmente vinificato secco.
Freisone – Nel territorio in oggetto esistono due varietà differenti con tale nome. Nel nostro caso, il vitigno in questione, reperito nel territorio del comune di Tortona, è risultato essere identico alla Neretta cuneese, varietà tuttora ben distribuita in differenti aree piemontesi. L’altro Freisone è, invece, risultato coincidere con il Neretto duro, vitigno un tempo ben diffuso in Piemonte.
Crovaro – Vitigno a bacca nera diffuso nei comuni di Gremiasco e Fabbrica Curone (AL) coincide con il Croà Rosso e la Rossarone chiusa conservate nella collezione di Riccagioia (PV) ed era, un tempo, ben presente in Oltrepò Pavese.
Il “Le 7 meraviglie”si presenta nel bicchiere di un bel color rubino di media intensità. Al naso, si offre con le note fruttate della fragola e della ciliegia oltre che con le sensazioni dolci del confetto e della cipria; il suo panorama olfattivo si completa, col tempo, per merito di nitidi sentori minerali riconducibili alla grafite.
In bocca, spicca per l’ottima qualità dei tannini che, insieme alla ben presente freschezza, ne sorreggono il buon corpo e la morbidezza regalandogli così equilibrio e facilità di beva; decisamente più che adeguata la persistenza.
Garage dell’Uva – Stërmà – Vino Rosso
Il Garage dell’Uva è un’Azienda attiva a Settimo Rottaro (TO) nel Canavese dove, tra i vari vini, produce questo Vino Rosso, a partire da uve Neretto gentile (35%), Nebbiolo (25%), Croatina (20%); il rimanente 20% è costituito da altri vitigni principalmente del gruppo dei Neretto (Neretta cuneese e Neretto duro). Il Neretto gentile è un vitigno tipico del Canavese anche se presente, in modo minore, anche nell’area di Gattinara. È noto con numerosi sinonimi tra i quali ricordo Nerét cit, per la ridotta dimensione dell’acino, Neretto di Cavaglià a Dorzano, Neretìn a Strambinello o Vermiglia in alcune zone del Vercellese e del Novarese.
Lo Stërmà, affinato in legno per quasi due anni, si presenta allo sguardo di un luminoso color rubino di buona intensità che introduce a un bouquet decisamente più improntato alla finezza che all’intensità nel quale, da un tappeto di note di piccoli frutti rossi, emergono piacevoli le sensazioni speziate della paprica e del pepe nero oltre a quelle minerali e terrose della grafite; col tempo, il suo panorama olfattivo si completa mediante profumi riconducibili alle erbe amare.
All’assaggio, si presenta abbastanza morbido, di buon corpo e con una tessitura tannica ancora giovanile e, pertanto, leggermente spigolosa; adeguata la persistenza. Vino da saper aspettare sia in cantina sia nel calice dove, col passare dei minuti, sa esprimersi in modo inaspettato e assai interessante.
Bottiglia appartenente al lotto L. 07/17
Cascina Castlet – Uceline – Monferrato Doc Rosso – 2012
L’Uvalino, la varietà utilizzata per la produzione dell’Uceline, è un vitigno arrivato ad un passo dalla scomparsa e recuperato proprio da Cascina Castlet di Costigliole d’Asti (AT). Noto nel Canavese col nome di Cunaiola e in Roero con i nomi di Lambrusca e Lambuschino, l’Uvalino, menzionato per la prima volta da Gallesio nel 1831, è risultato direttamente imparentato con il Neretto di Marengo, una varietà alessandrina praticamente scomparsa. L’Uvalino è un vitigno tardivo, ricco di estratto e di colore, che veniva utilizzato in purezza e passito soltanto dalle famiglie più illustri e abbienti.
L’Uceline 2012, ottenuto da uve appassite per circa un mese in fruttaio e in seguito affinato in tonneau, ha riposato almeno un altro anno in bottiglia prima della sua messa in commercio.
Alla vista, si offre di un intenso color rubino, preludio a un panorama olfattivo marcatamente fruttato e succoso in virtù delle evidenti sensazioni di confettura di frutti rossi tra i quali domina la ciliegia. La noce moscata, il potpourri di fiori rossi e una leggera e gradevole sensazione boisé concorrono a completarne il bouquet rendendolo di ottima finezza e interessante complessità.
All’assaggio, colpisce per la grande morbidezza e la pienezza del corpo oltre che per un garbato calore nonostante l’importante gradazione alcolica pari a 15,5% vol.. L’equilibrio e l’armonia sono garantiti da tannini fitti e piacevolmente nervosi oltre che da un nitida e ben percepibile freschezza; lunga la persistenza.
Bottiglia appartenente al lotto L. 15016
Isiya – ‘L Glasie – Vin dla Giasa – Vino da Uve Stramature
Questo Ice Wine è ottenuto da uve Becuét, Avanà e Barbera. Il Becuét è un vitigno a bacca nera originario della Savoia, dove viene attualmente chiamato Persan, a sua volta derivato dal Princens, un vitigno noto in passato per dar vita ad alcuni dei migliori vini della Savoia stessa; col nome Persan è stato menzionato per la prima volta in Savoia nel 1846. Dopo un lungo declino, è attualmente oggetto di rinnovato interesse e in fase di recupero.
In Valsusa è coltivato da lungo tempo così come dimostrato dalle analisi biomolecolari. In Piemonte è presente, oltre che in alta Valsusa, in Bassa Valle e nel Pinerolese dove è noto col nome di Berla ‘d crava cita o, più semplicemente, Berla cita.
Nel calice, ‘L Glasie sfoggia un lucente e cristallino color rame che introduce a un insieme di profumi di ottima finezza e interessante complessità. Il vino apre su note di marmellata di piccoli frutti rossi e gelée di lamponi alle quali si uniscono in seguito, in perfetta armonia, le sensazioni floreali della rosa appassita nonché quelle minerali della grafite.
All’assaggio, colpisce per l’eccellente equilibrio fra la ben presente dolcezza, il buon corpo, la giusta morbidezza e una vibrante freschezza che danno così vita a un unicum di ottima armonia e di beva intrigante e assolutamente non stucchevole. La lunga persistenza conclude un assaggio che spero di poter ripetere molte altre volte.
Bottiglia appartenente al lotto L. 7/17