• Ven 14 Mar 2025

Il Tirabusciò di Bibbiena e la cucina del Casentino.

“Signori, scusate, ma devo andare che mi si sciupa il piccione!”

La Torre dell’Orologio domina piazza Tarlati ed il centro di Bibbiena alta. Essa, insieme al muro perimetrale e ad un’altra – più piccola – torre, rappresenta quel che resta dell’antico castello, distrutto durante la battaglia di Campaldino nel 1289.

Ricco tanto di castelli – Poppi, Romeno, Porciano tra gli altri – quanto d’importanti centri religiosi – monastero ed eremo di Camaldoli, santuario francescano di Chiusi Della Verna – così come delle splendide foreste che sono comprese nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e Monte Falterona, si presenta il Casentino, una delle quattro vallate della provincia di Arezzo, che si colloca nella sua parte più settentrionale e nel quale è compresa la stessa Bibbiena, oltre ad altri dodici Comuni, in cui è suddiviso il suo territorio.

A pochi passi da piazza Tarlati, si trova un locale che ha fatto della cucina casentinese il suo caposaldo ed il suo segno di riconoscimento.

Conosciamo così Alberto Degli Innocenti, patron e chef del Ristorante Il Tirabusciò – ossia, in italiano, il cavatappi – che insieme alla moglie Marinella prepara i piatti della tradizione casentinese, utilizzando i prodotti di questa terra, come evidenzia a chiare lettere il menu che viene presentato.

Troviamo, ad esempio, impiegata la Patata Rossa di Cetica.

Si tratta di un’antica varietà del comune ortaggio, la cui coltivazione è documentata nel Pratomagno Casentinese fin dagli inizi del secolo scorso. Cetica è una frazione del comune di Castel San Niccolò, posta a 700 mt s.l.m., nella montagna Casentinese in provincia di Arezzo.

La Rossa di Cetica ha forma rotondeggiante, globosa, con buccia di colore rosso chiaro e polpa bianca e compatta con piccole sfumature rossastre. E’ impiegata in cucina a tutto campo, dai primi ai contorni, fino ai dolci.

Il menu del Tirabusciò usa la Patata Rossa di Cetica per preparare la crema di patate e barbabietola rossa, che accompagna il Mantecato di Baccalà “Giraldo” tra gli antipasti; ma anche e soprattutto per i Tortelli di patate, serviti con crema di lardo di Maiale Grigio del Casentino, Pecorino abbuciao aretino – prodotto dell’antico rito della transumanza – e pepe.

Il Maiale Grigio del Casentino è un altro dei prodotti che caratterizzano la gastronomia locale.

Si deve, innanzitutto, premettere che il Maiale Grigio del Casentino come tale è una razza già estinta, a causa delle preferenze di allevamento dimostrate nel tempo verso altre razze più confacenti alle esigenze che via via si presentavano. Quello che oggi è chiamato come tale consiste in un incrocio tra Cinta Senese e Large White; viene allevato allo stato brado, alimentato e poi trasformato secondo le tradizioni antiche.

Oltre che a condire i deliziosi tortelli di patate, incontriamo il “ritrovato” Maiale Grigio del Casentino tra le pietanze, nel Coniglio ripieno di pomodoro confit e lardo di Grigio del Casentino, servito con pomodori gratinati.

Un’altra carne assai interessante e ben rappresentata al Tirabusciò è quella di piccione. Squisito l’antipasto di Sugo di piccione nel coccio con pane toscano tostato, così come – al secondo – i Petti di piccione arrostiti e le cosce croccanti farcite del suo
fegato al Vinsanto, di ottima fattura e grande delicatezza.

Non manca la Chianina poi, in alcune notevoli preparazioni. Ricordiamo, in particolare, lo “Sfliato” tra gli antipasti, servito con capperi di Salina e succo di limone – mai invasivo o eccessivo sul sapore della carne – gli squisiti Raviolini di nero di Chianina (con l’uso, per il ripieno, del quinto quarto dell’animale), conditi con burro e tartufo nero.

Senza dimenticare, tra i primi, gli Gnudi del Casentino – privi, cioè della “camicia” o involucro di pasta che dir si voglia e avvicinabili a gnocchi o malfatti di altre tradizioni italiane – e, al dessert, tanto il Lattaiolo, dolce a base di latte locale, che ricorda la panna cotta, servito col crème caramel, quanto i Cantucci con Vinsanto e il Semifreddo al limone sfusato di Amalfi con scorze candite e salsa di cioccolato. L’esperienza al Tirabusciò ci lascia impresse la grande cura e la profonda attenzione che la – sapiente – mano del cuoco Alberto Degl’Innocenti dedica alla cucina di questo territorio, il Casentino, una delle zone meno esplorate e più defilate della nobile e grande Toscana, ancora ricca di tanti tesori inesplorati e di grande bellezza, tanto a tavola quanto nelle sue belle e antiche terre.

Intervistiamo Alberto Degli Innocenti per approfondire qualche aspetto della sua cucina e del Casentino.

Alberto, ci vorrebbe raccontare la storia del suo locale e della sua cucina?

Ho iniziato questa avventura esattamente 10 anni fa, io sono un autodidatta. Ho avuto la fortuna di incontrare grandi cuochi, che mi hanno permesso di entrare nelle loro cucine.

Da loro ho appreso le tecniche che ho trasposto nella mia cucina, che è prettamente toscana e locale. Ho cercato di far diventare dei piatti semplici leggermente più elaborati, senza però stravolgerne il gusto“.

La tutela delle produzioni locali e delle piccole aziende: cosa può fare la ristorazione per salvaguardare un mondo che tende ad essere soffocato dal cibo “di massa” e dalla globalizzazione?

Fare la spesa tutti i giorni, salvaguardando le produzioni locali“.

La sua cantina è completamente toscana: trova buon riscontro nella clientela la selezione di vini dedicata alle terre d’Arezzo ed al Casentino?

Sì, anche perché i miei clienti che vengono a visitare la Toscana vogliono bere i vini della regione e i vini locali. Prima avevo una cantina che comprendeva vini di tutt’Italia, ma spesso rimanevano invenduti“.

Il Casentino non è la zona più nota e più blasonata della Toscana: quali sono, a suo avviso, le prospettive di crescita e sviluppo per il turismo e l’enogastronomia di questa terra?

Spero che siano buone, se le amministrazioni locali cercheranno di valorizzare questa nostra bellissima terra per il turismo.

Aggiungo che siamo nel cuore del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, ci sono sette pievi romaniche e sette castelli, Camaldoli con il suo Eremo, e cosa più importante La Verna, dove San Francesco ha vissuto“.

Lei ci ha salutati dicendo: “Signori, scusate, ma devo andare che mi si sciupa il piccione!”: in un mondo dove i cuochi sono sempre più in televisione e sui giornali, quanto pesa e conta la presenza del cuoco, come capo, faro e guida in cucina, tanto per il servizio quotidiano, quanto per lo studio e la ricerca gastronomica?

Il cuoco deve stare in cucina, anche se ha una brigata eccezionale“.

Ristorante Il Tirabusciò
Via Rosa Scoti n. 12
Bibbiena (AR)
Tel.: 0575.595.474
E-mail: info@tirabuscio.it
Sito web: www.tirabuscio.it

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