• Ven 14 Mar 2025

l mercato di Porta palazzo e i suoi ritmi giornalieri

Ritmi e ricordi del mercato di frutta e verdura più grande d’Europa, Porta Pila o Porta Palass in torinese.

Luogo di ritrovo domenicale per gli emigranti del sud, venuti a Torino in cerca di fortuna, ma mi piace citare alcune affermazioni di personaggi torinesi, che dissero: Torino è diventata grande grazie agli emigranti del sud Italia.

E forse in questo momento storico è bene ricordare che l’emigrante, che sia Italiano oppure no, è un valore aggiunto per ogni città.

Le campane della chiesa di S. Domenica hanno suonato in fretta l’ Ave Maria, squillante nella vaga luminosità del cielo: le prime vetture tramviarie sono uscite dalle rimesse rumoreggiando e sono scomparse lentamente in fondo ai corsi velati di nebbia crepuscolare.

Quando i lumi sospesi in lunga fila sulla strada si sono spenti, la notte ha perduto il suo fascino e inizia per i nottambuli la ragione della veglia, con l’amara e rassegnata pigrizia di tutte le mattine: sono tornati a casa. È brutta l’alba in città perché segna la funzione meccanica di un cambio del turno operata da un giro di interruttore: è un momento di confronto fra due categorie opposte di umanità che non si conoscono perché si intravedono appena nella penombra.

Quella nebbia, bassa, pesante e lattiginosa è opprimente : preannuncia una giornata di fuoco come quella che abbiamo maledetto ieri sera. È inutile ormai restare sulle panchine del Corso: il fresco non verrà più ed è svanita anche ogni emozione per qualche eventuale affronto di miserabili ladruncoli.

Tutto quello che passa ha un aspetto di realtà disgustata con una velatura di sonno che si scambia facilmente per una forma di rassegnazione: le facce irrigidite e stanche non hanno ancora avuto il tempo di assumere l’atteggiamento sereno o sdegnato, dormono l’ultimo sonno incosciente all’aperto e gli occhi si dilateranno alle prime luci del sole.

Tutte quelle donne che arrivano a passo lesto dal Corso Regina Margherita o da via Milano si rendono conto che l’affaccendarsi muto e quasi automatico attorno alle baracche di Porta Palazzo ha qualcosa di grottesco, che le facce dei propri simili, devastate ancora da una fatica non ricompensata dal sonno, non sono quelle di tre ore prima, quando è svanito l’intontimento del sopore del sonno: l’ammasso di case prospicienti la piazza, sbiancato dal chiarore dell’alba, ha delle strane rassomiglianze con angoli imprecisati e caratteristici di città marinare, luoghi lontani e chiusi nei ricordi.

Alle cinque ognuno si reca al mercato perchè tale è il suo mestiere, giungeranno dalle campagne i cavalli impolverati portando ceste piccole di primizie e grandi ceste di frutta. Ora la frutta è tanta e i prezzi sono in ribasso: la riviera è capace di riempire periodicamente i mercati. Stamane i contadini dovrebbero vendere la loro frutta: sono partiti di casa quando non ancora era spuntata la <> nel cieloe, d’estate, è un lungo viaggio. Hanno caricato sui loro mezzi le ceste rigonfie, scoprendole da un lato tutte in fila ordinata e attendono……. con la fiducia delle persone che vengono dalla campagna, che non hanno fretta, che vivono seguendo il corso delle stagioni. E inizia una trattativa, sempre nuova e sempre antica, vendere e comprare, l’offerta e la domanda………

Quanto volete di queste pesche ? Facciamo quattro parole e vi conto il denaro… Facciamo quattro lire. Ma siete matto? Per rimetterci preferisco dormire. Otto ceste di pesche cosi non le trovate su tutto il mercato. Vi do tre lire perché non ho tempo da perdere, o quattro lire o le rimetto sul carro, ve ne accorgerete più tardi che i miei prezzi sono i migliori…….

Il mercato è stagnante perché si attende la merce di concorrenza. I compratori guardano verso via Milano da dove arrivano, di solito al trotto, i tamagnoni con i cestelli di legno che vengono dalla riviera. Ma stamane la via è deserta, come tutte quelle intorno che nella prima luce indecisa danno l’impressione di una città attraversata da una calamità.

Dunque i venditori non faranno la tela, i fruttivendoli si osservano l’un l’altro, mentre cercano di tenersi su, nonostante la stanchezza, appoggiati ai muri scrostati del piccolo caffè d’angolo, pieno di mosche. Appena uno di essi si è avvicinato alle ceste cercando di stringere un contratto, gli altri si precipitano attorno alle ceste ancor libere. Pare un’ondata di bufera.

Il mercato, che stava languendo, diventa febbrile: s’intrecciano offerte, richieste, insolenze, richiami. Si dà mano alle corbe, si pesa, si grida, si sbuffano balle di paglia. Tra la confusione sovraeccitata si stenta a passare ed ai piedi della madonnina illuminata e infiorata, che allarga le bisaccia sotto la Tettoia; volano bestemmie pronunciate senza cattive intenzioni ma cosi, a mo’ di sanzione. Tutto si consuma in una mezz’ora: poi i carri vengono riaccostati ricolmi ed i contadini, sempre impassibili, prendono a mano il cavallo.

Dove andiamo? Da questa strada, la terza porta a sinistra. Hanno avuto ragione. La riviera ha fallito. Qualche carro giunge ora al galoppo da via Milano ma è troppo tardi. I compratori ormai sono coperti: ed hanno pagato fino a quattro e cinquanta la roba migliore! Il mercato della frutta è come un’onda: bisogna saperla affrontare con l’occhio sicuro. Ora comincia il mercato al dettaglio: i banchi dei rivenditori di piazza sono quasi ordinati ed a poco a poco scenderanno dai trams le persone di servizio portando al braccio le borse afflosciate.

Anche un ritagliatore di cocomeri ha messo in ordine il suo negozio ed ha innalzato una grande insegna dipinta a figura con una prospettiva capace di scandalizzare anche un cultore d’arte egiziano.

Egli sta abbozzando con voce timida e rauca i primi richiami: Tutte al taglio! Ma che! via non facciamo il buffone. I cocomeri si mangian di notte, in via Roma e sono ” tutti freschi al gelo!“: al mattino si beve grappa… Il caffeuccio d’angolo si è affollato di più. Molti uomini in maniche di camicia bevono un liquido nero che chiamano caffè: corretto con una goccia molto abbondante.

Read Previous

La storia di un metodo. La storia di un vino

Read Next

Tappo si, tappo no, tappo forse