• Ven 14 Mar 2025

L’Autin: il Pinerolese, la roccia e la storia

Viticoltura eroica, recupero e valorizzazione dei vitigni reliquia e del territorio e costante ricerca della qualità: queste le cifre de L' Autin a Barge, in provincia di Cuneo

Introduzione

L’Azienda L’Autin nasce – nel 2010 – per volontà di un noto imprenditore piemontese – Mauro Camusso – che immediatamente indirizza i propri sforzi verso la valorizzazione degli antichi vitigni autoctoni e delle peculiarità vitivinicole del territorio, in modo particolare, della DOC “Pinerolese”. In quest’ottica l’adesione alla vitivinicoltura biologica risulta essere l’ovvia conseguenza di tali premesse. Attualmente, un ruolo fondamentale nell’Azienda è svolto anche da Elisa Camusso, figlia di Vittorio, e da Stefano Molino, socio dell’Azienda stessa nonché impegnato nell’ufficio vendite e nella comunicazione.

Ho avuto modo di approfondire la conoscenza di questa Azienda prima nel corso della visita alle miniere di talco, dove sono affinati i loro Spumanti Metodo Classico, e poi durante una serata svoltasi presso “La Locanda della Maison Verte” per la presentazione di due nuovi vini rossi: un Pinerolese DOC Ramìe e un Pinerolese DOC Rosso.

Le righe che seguiranno racconteranno il territorio, la sua storia e i suoi vitigni più rappresentativi oltre a quanto ho avuto il piacere di degustare nel corso di questa serata in abbinamento con gli eccellenti piatti della Locanda.

Il territorio

Note prevalentemente per gli sport invernali, le valli Chisone e Germanasca si uniscono – o meglio la seconda confluisce nella prima – nei pressi dell’abitato di Perosa Argentina, uno dei due comuni che, insieme a Pomaretto, danno origine al Pinerolese Doc Ramìe.

Il clima

Il clima è di tipo prealpino con assenza di mesi secchi e con temperatura media annua di 9,7°C; il totale delle precipitazioni medie annue è di 887mm (dati stazione meteorologica di Perrero – 2009-2018); alcune piccole porzioni di territorio, però, godono di microclimi decisamente favorevoli tanto da ospitare popolazioni spontanee di piante di climi caldi quali opunzie e capperi.

Morfologia e geologia del territorio

La morfologia di tutta l’area è legata alle vicende tettoniche dovute all’orogenesi alpina ed è caratterizzata da un susseguirsi di valli strette e pianure alluvionali di limitata estensione e di versanti acclivi e fortemente incisi, con un orientamento della pendenza generalmente degradante verso est-sudest (Pinerolo): le quote massime, infatti, si osservano nella parte nordoccidentale dell’area (Monte Albergian, 3.013m s.l.m.). I basamenti rocciosi hanno origine metamorfica come testimoniato dalle numerose e importanti miniere di talco; tale basamento è spesso ricoperto da una coltre di materiale detritico proveniente dalla disgregazione delle rocce sovrastanti. Questi tipi di sedimenti sono facilmente erodibili, assai permeabili e deposti su versanti a forte acclività e formano, pertanto, suoli sottili e superficiali con bassa capacità di ritenzione idrica.

I pochi vigneti rimasti sono localizzati prevalentemente nella bassa Valle Germanasca su terrazzamenti realizzati con muretti a secco con esposizioni a mezzogiorno; alla fine del secolo scorso la loro estensione totale era pari a solo 2,8ha.

Passato e presente della viticoltura nelle valli Germanasca e Chisone

La coltivazione della vite in queste valli è accertata da fonti documentarie a partire dal Medioevo; numerosi documenti, infatti, certificano i danni dovuti alle avversità atmosferiche già dal 1305. Il ritrovamento di vinaccioli presso il sito di Vislario in Valle Orco per l’età del Bronzo (circa 1000 a.C.) fanno, però, ritenere probabile la presenza della viticoltura in Val Germanasca già da prima della conquista romana nel I secolo a.C., probabilmente a partire dal 600 a.C. per merito dei greci di origine focese provenienti dalla zona di Marsiglia.

La coltivazione della vite continuò tra numerosi alti a e bassi tanto che, nel 1701, un documento relativo a Villar Perosa riporta che “Le vigne sono talmente miserabili che in tutte non daranno più di carra cinque in tutto il finaggio per essere distrutte”. 

La viticoltura dal 19° secolo

Nel 1808, però, Don Giuseppe Sallen scrive, parlando della Val Germanasca “…. non c’è un palmo di terra che rimanga incolto, non c’è un cantuccio cui non si sia giunto per domandargli un poco del benefico liquore di Noè… E questo spettacolo si prolunga indefinitamente da Pomaretto, Blegier, la Toura, Villasecca, Chiotti, Trossieri, Perrero fino agli ultimi campicelli di Pomeifrè e di Richepanse dove ci possa essere la speranza che cresca un grappolo d’uva…

La varietà di vitigni nel territorio era di grande rilevanza tanto che, nel 1883, all’interno del Fascicolo XVI del Bollettino Ampelografico edito dal Ministero Agricoltura Industria e Commercio si legge, a proposito del germoplasma viticolo locale: “su 333 esemplari venuti da tutti i luoghi del Circondario si contavano oltre a 60 varietà differenti”.

Si arriva così agli anni ‘20 – ‘30 del XX secolo quando in zona giunse la fillossera. In quegli anni a Pomaretto i vigneti occupavano buona parte dei ripidi versanti est, sud-est e sud da 700 a 1000 metri circa di altitudine. La coltivazione della vite subì un tracollo da cui non si sarebbe sostanzialmente più ripresa divenendo infine una attività di nicchia di pochi appassionati vignaioli o praticata ad uso esclusivamente famigliare.

Nel 2023, secondo la pubblicazione VQPRD di Federdoc, il Pinerolese DOC ha visto 38 denunce, 1554q di uva complessivi vendemmiati e 1088hl di vino totali prodotti.

I vitigni reliquia

Come già scritto, l’Autin ha, fin dall’inizio, indirizzato la maggior parte dei propri sforzi verso la riscoperta, la tutela e la valorizzazione degli autoctoni presenti nel proprio territorio. Di seguito, riporterò delle brevi descrizioni dei vitigni reliquia utilizzati dall’Azienda per i propri vini. È da segnalare che, nei vigneti storici, è ancora praticato l’allevamento della vite con un sistema a palo singolo e tralcio rinnovato detto archetto piemontese, un antico sistema di potatura che consente di sfruttare al meglio il poco spazio disponibile potendo permettere di coltivare fino a 10.000 ceppi per ettaro nonché di mantenere un elevato numero di gemme; per approfondire l’argomento è possibile consultare questo articolo sempre su World Wine Passion.

Avanà

Questo vitigno a bacca nera è quasi certamente noto per la Val di Susa fin dal 1606, con il nome di avanato, grazie all’opera dell’agronomo Croce. Questa varietà è risultata geneticamente identica all’hibou noir della Savoia e ha mostrato stretti legami di parentela con il cacaboué, sempre della Savoia, e con l’amigne del Vallese; non sono ancora stati invece chiariti i suoi supposti rapporti di parentela con il gamay noir e non è chiaro se l’Avanà si sia originato in Piemonte o in Savoia.

Avarengo

Questo vitigno, esclusivo del Piemonte, è presente principalmente in Val Chisone ma è noto anche per il biellese – con il nome di riondosca – e per il Canavese, dove è denominato mustèr. Le analisi biomolecolari hanno evidenziato una netta relazione genitore-figlio con la grisa nera, un’altra antica varietà delle Alpi occidentali. Parentele strette sono emerse anche con un altro antico vitigno piemontese, il Ner d’Ala.

Bécuet

Il bécuet è un vitigno a bacca nera originario della Savoia, dove viene attualmente chiamato persan, a sua volta derivato dal princens, un vitigno noto in passato per dar vita ad alcuni dei migliori vini della Savoia stessa; col nome persan è stato menzionato per la prima volta in Savoia nel 1846. Dopo un lungo declino, è attualmente oggetto di rinnovato interesse e in fase di recupero.

In Piemonte è presente in Val di Susa e nel Pinerolese dove è noto anche con il nome di Berla ‘d crava cita o, più semplicemente, Berla cita.

Bian ver

Il bian ver, ovvero il verdesse, è un tipico vitigno alpino a bacca bianca, ormai presente alquanto sporadicamente in Val di Susa, in Val Chisone (Pomaretto e Perosa Argentina) e, più in generale, nel Pinerolese. In Savoia, sua terra d’origine, dopo un lungo declino iniziato nelle prime decadi del XX secolo, è attualmente in fase di recupero così come nel Vallese in Svizzera.

Chatus

Antica e tannica varietà diffusa in alcune zone della Francia (ad esempio, Isère, Ardèche, Lozère, Drôme) e del Piemonte (pinerolese, saluzzese, monregalese, Val Maira) dove assume vari nomi quali neiret o nebbiolo di Dronero.

Lo chatus è menzionato per la prima volta in forma scritta nel 1600 per l’Ardèche; prima della fillossera la sua diffusione in Francia era molto più ampia e comprendeva la zona fra le Alpi e il Massiccio Centrale. Lo studio del suo DNA ha mostrato un rapporto diretto di parentela con il pougnet, un’altra antica varietà dell’Ardèche. L’insieme delle informazioni raccolte conducono quindi a considerare lo chatus un vitigno di origine francese successivamente diffusosi anche nel Piemonte occidentale a ridosso delle Alpi.

Montanera

Il montanera – localmente chiamato montanera di Perosa – è un vitigno a bacca nera recentemente oggetto di recupero a seguito della sua riscoperta da parte del CNR di Grugliasco.

Questo vitigno è presente anche nel biellese – dove è noto col nome di negrera – e in Valtellina dove è chiamato corvino. Questa varietà è nota in forma scritta fin dal XIX: l’abate Milano, infatti, ne parla nel 1839 con nome di negrera per la zona di Biella, mentre il nome di montanera compare nella seconda metà del XIX secolo, quando è citato per diverse località della provincia di Torino; anche la prima citazione del corvino in Valtellina risale alla metà del 19o secolo.

È necessario evidenziare che nel saluzzese è presente un’altra varietà localmente denominata montanera che è, però, da considerarsi  totalmente separata dall’omonimo vitigno qui descritto.

La cena e la degustazione

Come già accennato, dopo la magnifica visita alle miniere di talco in compagnia di una guida dell’eco-museo, la giornata del 18 novembre 2024 si è conclusa con un’ottima cena presso la Locanda della Maison Verte accompagnata da un’ampia selezione dei vini de L’Autin. Le righe che seguiranno rappresentano il racconto di queste degustazioni.

Eli Pas dosé – Piemonte DOC Metodo Classico Bianco – 2019

Ottenuto da uve chardonnay, pinot nero e bian ver e affinato sui lieviti per 48 mesi nelle miniere di talco, l’Eli Pas dosé si offre nel calice di un lucente color paglierino percorso da eleganti catenelle di fini bollicine.

Al naso, appare intenso e fine con evidenti note di frutta gialla, cedro e bergamotto armoniosamente inframmezzate da sentori di crema pasticcera, cioccolato bianco, fieno ed erbe alpine dando così vita a un bouquet piacevole ed elegante.

Il sorso, dall’attacco assai morbido, svela immediatamente una bella personalità grazie alla vivida freschezza, alla spiccata sapidità e a una effervescenza decisa ma non aggressiva; la lunga persistenza ci accompagna con piacere al sorso successivo.

Le bottiglie di Metodo Classico poste ad affinare nelle miniere di talco

Eli 84 mesi – Vino Spumante di Qualità Metodo Classico – Pas dosé

L’Eli 84 mesi rappresenta la prima annata di produzione di un Metodo Classico da parte da L’Autin e trae origine, come il vino precedente, da una base di chardonnay, pinot nero e bian ver; l’affinamento in miniera si è protratto per 84 mesi e la sboccatura è avvenuta nel maggio 2021.

Il brillante color paglierino, impreziosito da un fine perlage, ci introduce a una palette olfattiva decisamente più improntata all’eleganza che all’intensità nella quale, intorno a un asse centrale di frutta gialla matura, si sviluppano sensazioni di fieno e marzapane affiancate da garbate sensazioni agrumate ben riconducibili al mandarino e al cedro.

Al palato, l’Eli 84 si offre ricco ampio e morbido ma, nel contempo, teso, vibrante e di compiuto equilibrio; molto piacevole la fine effervescenza e lunga la persistenza.

Verbian – Vino bianco – 2021

Ottenuto da uve bian ver in purezza vinificate interamente in acciaio, il Verbian rappresenta il vino con il quale l’Azienda è riuscita a farsi apprezzare dagli appassionati.

Dal calice, nel quale sfoggia un ricco e luminoso color paglierino, emerge un naso fine e intenso caratterizzato dalle note fruttate della pesca a polpa bianca, dell’uva spina e del ribes bianco affiancate – senza esserne mai prevaricate – dai sentori floreali del biancospino e del sambuco oltre che da quelli più dolci del talco; l’intero quadro olfattivo è attraversato da un’elegante e nitida sensazione di mandorla amara che dona all’insieme una piacevole vena “amaricante”.

Il sorso – di più che buona struttura – è sorretto da una lineare freschezza e da una sempre presente sapidità che conferisce all’insieme una beva agile a piacevole ma, nel contempo, di spiccata personalità; lunga la persistenza.

Pinerolese DOC Ramìe – 2023

Questo rosso rappresenta uno dei due nuovi vini presentati da L’Autin nel corso di questa serata.

Ottenuto da uve avanà, avarengo, chatus, becuet, montanera di Perosa e nebbiolo, questo Ramìe è stato vinificato in acciaio per poi riposare brevemente in legni di quarto passaggio prima di essere imbottigliato.

Il suo intenso color rubino è il prologo di un naso intensamente fruttato nel quale è facile riconoscere, ad esempio, la ciliegia matura e la mora di gelso; a queste note di apertura, seguono, in una piacevole progressione olfattiva, le sensazioni floreali del lillà e delle garbate note di erba fresca, figlie della gioventù di questo vino; il quadro olfattivo si completa, infine, grazie alle dolci sensazioni della cannella e del confetto.

El Merlu de Montanera – Pinerolese DOC Rosso

Nato da uve montanera di Perosa, questo Pinerolese DOC Rosso è il secondo nuovo vino presentato nel corso della serata. La vinificazione in acciaio è seguita da un periodo di 18 mesi di maturazione in legno di rovere francese.

Il suo impenetrabile color porpora ci introduce a un bouquet intenso, fine e spiccatamente connotato da profumi dolci.

All’apertura, infatti, il suo panorama olfattivo ci offre note di cipria, confetto, cannella e vaniglia; dopo una breve permanenza nel calice, l’insieme si arricchisce delle note fruttate dei duroni di Vignola, delle more di rovo e dei mirtilli neri per poi trovare la sua giusta conclusione con le sensazioni floreali dei giaggioli.

Al palato, colpisce per la ricchezza del corpo e la spiccata morbidezza che trovano il loro giusto contrappunto nella ben presente freschezza e in una tessitura tannica garbata ma di carattere; lunga la persistenza.

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Passi di Gio – Vino ottenuto da uve appassite

La malvasia moscata, dalla quale è ottenuto questo passito, è un vitigno aromatico a bacca bianca figlio della malvasia di Parma e di un’altra varietà tuttora sconosciuta. Un tempo assai diffusa in Piemonte e conosciuta già dal 17° secolo con diversi nomi – ad esempio malvasia bianca – è divenuta oggi estremamente rara pur rimanendo presente in diverse zone del Piemonte, come ad esempio nel Basso Monferrato.

Questo vino trascorre circa un anno in piccole botti di rovere nelle quali aveva, in precedenza, svolto anche la fermentazione; un terzo della massa, però, fermenta e riposa per un anno all’interno di un vaso vinario realizzato in pietra di Luserna.

Il Passi di Giò si presenta di un brillante ed intenso color dorato che ci introduce a un arcobaleno di profumi tra i quali spiccano la rosa bianca appassita, l’uvetta appassita, il mandarino candito; il trascorrere dei minuti ci consente di apprezzare appieno questo vino regalandoci nuovi sentori quali albicocche e mango disidratati e il miele di acacia.

All’assaggio, colpisce per il compiuto equilibrio fra evidente dolcezza e più che spiccata morbidezza e la tesa e vivida freschezza donandoci, in tal modo, una beva gradevole e mai stucchevole; lunga la persistenza.

Contatti

L’Autin

Via Sant’Agostino, 40

12032, Barge (CN)

info@lautin.it

www.lautin.it

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