Soave Preview 2016: dalla terra, dal fuoco, dall’uomo
Guarda il calor del sol che si fa vinogiunto all’umor che de la vite calaDante Alighieri – La Divina Commedia: Purgatorio C. XXV
Sarebbe per me più facile commentare la recente edizione di Soave Preview 2016 raccontando del fascino antico e, oserei dire, commovente delle colline ricoperte da vigneti ancora in gran parte allevati a pergola soavese e percorsi dalle interminabili geometrie di un apparentemente infinito susseguirsi di muretti a secco, realizzati nei secoli per sostenere le terre faticosamente destinate alle vigne. Certo tutto ciò è vero e fondamentale e rappresenta – non dobbiamo mai dimenticarcelo – uno dei maggiori punti di forza di un territorio che è riuscito a fare della vitivinicoltura l’elemento focale della propria economia mantenendone, però, inalterate le caratteristiche salienti. Questa Edizione è stata però qualcosa di più: è stata l’occasione per raccontare i successi ottenuti nella promozione del territorio, successi che – è proprio il caso di dirlo – rappresentano il frutto di un lavoro che ha radici lontane; Soave Preview è stato, però, anche un prestigioso palco dal quale lanciare un accorato grido dall’allarme per alcune scelte politiche che rischiano di penalizzare – in linea con il cronico italico autolesionismo – le vere realtà vitivinicole di pregio assoluto a favore di produzioni di massa, prive di valore storico e culturale e, talvolta, anche poco attente agli aspetti ambientali e qualitativi della loro attività.
Per chiunque faccia il mio lavoro è forse più difficile scrivere i complimenti che le critiche, dato che si rischia sempre di essere tacciati di piaggeria. È, però, certo che il riconoscimento avuto da parte del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali che ha dichiarato, prima in Italia, la Doc Soave “Paesaggio rurale di interesse storico” inserendola nel “Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali” rappresenta non solo un grande valore aggiunto al territorio ma, soprattutto, il meritato riconoscimento degli sforzi compiuti dai produttori – e dal Consorzio che li rappresenta – per mantenere, gestire e valorizzare un paesaggio caratterizzato da indiscutibili valori paesaggistici, storici e ambientali. Ritengo importante sottolineare un concetto, forse banale, ma spesso dimenticato: il territorio, l’ambiente, gli ecosistemi non sono concetti astratti, mere visioni di pochi sognatori ma, al contrario, sono “casa nostra”, sono il luogo dove viviamo, beviamo, respiriamo e trascorriamo la nostra vita che tutti noi noi vorremmo lunga, sana e felice. Ecco, quindi, il motivo per il quale chiunque, in relazione al proprio lavoro e alle proprie responsabilità, si impegni a conservare questo insostituibile patrimonio deve non solo essere premiato, ma sostenuto e ringraziato dall’intera comunità. Credo di poter affermare, senza paura di critiche, che il territorio del Soave con i suoi 1700ha di viticoltura eroica, il grande sviluppo dei muretti, le antiche vigne e il mosaico fra vigneti e ambienti ancora semi-naturali ben rappresenti questi valori di agricoltura consapevole e responsabile e che, pertanto, debba essere essere supportato nel continuare questo percorso virtuoso.
L’Italia è, però, uno strano Paese che se con una mano costruisce con l’altra distrugge: infatti, se da un lato premia i territori agricoli di valore storico e paesaggistico, dall’altro, con le regole per le nuove autorizzazioni all’impianto, pari all’1% dei vigneti esistenti in Italia, rischia che buona parte degli investimenti e delle autorizzazioni vadano a favore di territori di pianura, scarsamente vocati e dove, grazie al basso costo delle lavorazioni, sarà possibile produrre vini economici, spesso di qualità inferiore, ma comunque in grado di erodere quote di mercato ai produttori attivi in quei territori collinari e pedemontani che, grazie ai loro sacrifici e alla loro costante ricerca della qualità, hanno realmente concorso alla rinascita del vino italiano. Queste scelte politiche sono, purtroppo, in linea con quanto già in atto da tempo, ad esempio nell’assegnazione dei fondi per la ristrutturazione vitivinicola finanziata da Unione Europea e Regione Veneto. Ecco, a questo riguardo un breve, ma tristemente significativo, commento del Direttore del Consorzio del Soave, Aldo Lorenzoni: “Nel caso del Soave, che rappresenta statisticamente circa il 9% del patrimonio viticolo della Regione Veneto (7.000 ettari su 80.000), abbiamo avuto solo un 2,3% di superfici su base annua ristrutturata.”
Ritengo, per concludere queste considerazioni che, purtroppo, si possa dire che, in politica e in economia, non sempre la qualità paghi.
Soave Preview 2016: il territorio, l’annata 2015 e le degustazioni
È nel vino, nella sua capacità di raccontarsi e di raccontare il territorio dove è nato e i vitigni che gli hanno dato la vita che, a mio avviso, si valuta il livello di un evento ad esso dedicato. Da questo punto di vista, questa Denominazione è poi di particolare interesse sia per la sua complessità geo-pedologica sia per la grandezza della Garganega, il vitigno che costituisce – con un minimo del 70%, e unitamente al Trebbiano di Soave e/o allo Chardonnay – la base ampelografica del Soave Doc e del Soave Superiore Docg nelle sue varie declinazioni.
La Garganega, un’antica varietà già ampiamente lodata dal De Crescenzi nella sua vasta opera “Ruralium commodorum libris” del 1471, è una varietà in grado di generare vini assai differenti in relazione ai suoli sui quali viene coltivata.
In generale, in questa Denominazione le aree pianeggianti danno vita a vini più semplici e fruttati mentre quelli dell’area collinare spiccano per le note floreali e una mineralità quasi salmastra; in collina sono anche prodotti i Soave caratterizzati dalle maggiori acidità.
L’area della Doc Soave può essere suddivisa, dal punto di vista geo-pedologico, in quattro fondamentali unità territoriali che danno vita a vini dai differenti profili sensoriali.
Piana alluvionale non calcarea: i vini qui prodotti sono caratterizzati da profumi prevalentemente legati alla frutta gialla nonché, in bocca, da ottimo equilibrio e buona persistenza;
Piana alluvionale calcarea: sono Soave più ricchi e intensi, riconducibili alla frutta sia gialla sia bianca non completamente matura. Al gusto, sono fini, equilibrati e di buona persistenza;
Collina calcarea: questa porzione di territorio dà vita a vini complessi con marcate note floreali e minerali: in bocca, si rivelano sapidi, freschi e assai gradevoli;
Collina basaltica: i suoli vulcanici che caratterizzano questi terroir consentono di produrre vini con evidenti sensazioni di fiori sia bianchi sia gialli coniugate a note fruttate di frutta bianca e a un’elegante mineralità; in bocca spiccano per freschezza e finezza.
Nel corso dell’evento si sono tenute tre sessioni di degustazione due delle quali dedicate al Soave – “Il Soave alla prova del tempo” e “Soave 100×100” e una terza – Volcanic Wines 2016 – a ricordare il grande impegno profuso negli anni dal Consorzio per approfondire e far conoscere, con eventi, seminari e degustazioni ad hoc, i vini ottenuti nei territori vulcanici d’Europa e del resto del mondo.
Il Soave alla prova del tempo
Una degustazione pensata per dimostrare, nei fatti, le capacità di invecchiamento di questo grande bianco in una nazione – l’Italia – dove il grande pubblico continua a pensare ai vini bianchi come a prodotti da bere il più presto possibile.
Sono stati degustati 12 Soave di nove annate diverse, comprese tra il 2012 e il 2000, delle quali sono stati forniti gli aspetti essenziali dei rispettivi andamenti climatici.
Tutti i vini in degustazione si sono mostrati ampiamente all’altezza del loro compito lasciandomi sempre molto favorevolmente colpito, oltre che dal loro stato evolutivo, dalla loro finezza e complessità.
Per meglio evidenziare i grandi valori emersi nel corso di questa degustazione – oltre che per la grande qualità espressa nel calice – ho scelto di raccontare i due vini nati nelle due annate più lontane nel tempo, ovvero il 2005 e il 2000.
Gini – Contrada Salvarenza – Soave Doc Classico – 2005
Ottenuto da uve prodotte da vigne centenarie, di cui circa un terzo a piede franco e coltivate su suoli calcarei con presenza di basalto e piccoli strati tufacei, questo vino si offre allo sguardo sfoggiando un magnifico color dorato cristallino di grande luce che ne lascia presagire l’ottimo stato di conservazione. Il naso, fine e complesso, regala sentori di frutta gialla matura arricchiti da sentori minerali che riportano alla mente la roccia e la pietra focaia; il bouquet si completa con note di agrumi canditi e piccola pasticceria da forno. In bocca, è ampio, ricco, di ottimo corpo, giovanile freschezza ed elegante morbidezza che nel loro insieme donano a questo vino un’eccellente armonia e una assai lunga persistenza.
Coffele – Ca’ Visco – Soave Doc Classico Superiore – 2000
Questo Soave Classico Superiore, prodotto a partire da uve ottenute da vigneti coltivati su suoli che vedono coesistere la roccia calcarea con i basalti, riluce nel bicchiere di un affascinante color dorato cristallino. Il bouquet offre un continuo susseguirsi di note di frutta gialla matura e di roccia che si alternano a sentori di pompelmo giallo e agrumi canditi. L’ingresso in bocca è avvolgente, ampio, morbido, di corpo nonché di eccellente equilibrio in virtù dell’ancora netta acidità. Vino in grado di coniugare magnificamente intensità e finezza, chiude con una davvero lunga persistenza e un fin di bocca di rara piacevolezza.
Soave 100×100
Questa degustazione ha rappresentato, in un certo qual senso, il cuore dell’intera manifestazione, dato che erano presentate 61 etichette di Soave 2015 – di cui 31 tra Classico e Superiore Docg – a testimonianza della produzione della scorsa annata vitivinicola.
Nonostante un inverno piuttosto mite, che ha impedito una completa quiescenza vegetativa alle vigne, l’annata 2015 ha visto una primavera climaticamente in grado di permettere alle viti un buon recupero; le numerose ondate di caldo – unite a una prolungata assenza di precipitazioni, iniziate col mese di giugno e intensificatesi durante luglio e agosto – hanno sottoposto i vigneti a forti stress inducendo la sospensione dell’attività fotosintetica e, di conseguenza, un più faticoso accumulo degli zuccheri nonché una perdita di acidità; è, però, da sottolineare che queste particolari condizioni climatiche hanno, nel contempo, salvaguardato la sanità delle uve. Le precipitazioni di fine agosto hanno permesso, comunque, la completa maturazione dei grappoli; la vendemmia ha avuto inizio il 13 settembre.
L’annata 2015, dal punto di vista organolettico, si presenta decisamente soddisfacente e caratterizzata prevalentemente da sentori fruttati di pesca e albicocca accompagnati da note di fiori bianche soventemente riconducibili al sambuco; in bocca i vini sono connotati da buona sapidità, acidità un po’ più contenuta rispetto alle due annate precedenti con corpo e alcolicità nella media.
Mi preme evidenziare che la qualità dei prodotti degustati è stata decisamente interessante ma che il grande numero di assaggi mi costringe, ancora una volta, a compiere delle scelte; di seguito, le note di degustazione riguardanti tre etichette che mi sono rimaste particolarmente impresse nella mente nel corso di questa ampia selezione di assaggi.
Tamellini – Soave Doc – 2015
Il color paglierino di questo Soave Doc anticipa un naso fine, assai gradevole e di buona complessità capace di valorizzare le note di frutta gialla matura in modo che non coprano, ma valorizzino, gli eleganti sentori di fiori di ginestra e le lievi – ma eleganti – sensazioni di pietra focaia, in un unicum capace di esprime correttamente vitigno, annata e territorio. In bocca, è ampio di corpo, rotondo e fresco donando in tal modo equilibrio e piacevolezza di beva; più che soddisfacente la persistenza.
Latium – Campo Le Calle – Soave Doc – 2015
Un prodotto capace di unire gli aspetti più tipici del Soave con sensazioni del tutto inattese. Alla vista, il vino si presenta, come atteso, di un cristallino color paglierino. Il naso apre con sensazioni di frutta gialla che, immediatamente, si arricchiscono di eleganti sentori agrumati che riportano i nostri sensi alla mediterranea finezza del bergamotto; a seguire – e qui lo stupore è stato grande – ecco emergere dal calice il dolce profumo della lavanda a completare un bouquet decisamente complesso ed elegante. Al gusto, è ampio, morbido, di corpo ed equilibrato in virtù di una ancora giustamente nervosa freschezza; la più che buona persistenza permette di prolungare nel tempo questo intrigante assaggio.
I Stefanini – Soave Superiore Docg Classico – Monte di Fice – 2015
Un vino di grande tipicità a partire dal magnifico color paglierino per giungere ad un panorama olfattivo tipico ma non banale: il Monte di Fice 2015 apre, infatti, con sentori di frutta bianca non particolarmente matura e di fiori bianchi quali il biancospino e il sambuco; nelle maglie di questi profumi si inseriscono, con la giusta sobrietà, le note vegetali dell’erba appena tagliata. Il tutto dà origine a un bouquet armonico ed elegante che invita a proseguire la degustazione. L’ingresso in bocca è ampio, rotondo e avvolgente, grazie all’ottimo corpo e alle evidenti morbidezze pur sapendo essere, nel contempo, equilibrato e mai stucchevole grazie alla nitida freschezza. La piacevolezza del fin di bocca e la lunga persistenza sono il giusto coronamento di un ottimo assaggio.
Volcanic Wines 2016
Una degustazione dedicata a ben 11 vini di 11 diversi territori vitivinicoli vulcanici da Soave a Ustica, da Tenerife alle Alture del Golan sotto la guida di tre veri esperti: Giovanni Ponchia, enologo del Consorzio, John Szabo, noto esperto di vini vulcanici, e la Master of Wine Sara Abbott.
Ad un così ampio scenario geografico non poteva non corrispondere un’altrettanto vasta presenza di vitigni sia internazionali sia autoctoni di piccole regioni; a puro titolo di esempio ricordo l’Assyrtiko, il Furmint, lo Chardonnay, il Riesling o la Durella oltre, ovviamente, la padrona di casa, la Garganega.
Alfred Merkelbach – Ürziger Würtzgarten – Riesling Kabinett – 2014
La Mosella e il Riesling rappresentano un binomio inscindibile, garanzia di qualità indiscussa. Questo Riesling si presenta come un vino per il quale complessità, eleganza e lunga evoluzione nel bicchiere sembrano essere così strettamente connaturati con la sua stessa essenza da non poterlo immaginare diverso. L’apertura al naso è giovanile e improntata ai profumi di frutta bianca ai quali seguono inconfondibili sentori dei fiori di camomilla. Il tempo passa e dal calice cominciano a farsi sommessamente strada i tipici sentori di idrocarburi che manterranno, però, fino alla fine un carattere timido e mai coprente. A seguire, dal calice emergono sentori di erbe medicinali oltre a dolci sensazioni di miele millefiori. In bocca, questo vino è giocato molto più su finezza, equilibrio e lunga persistenza che non sulla potenza preservando, in tal modo, del tutto intatta la sua grande piacevolezza di beva.